mercoledì 23 dicembre 2009

Christmas Carol 2009

Quando Silvio si destò, era così fitto il buio, che guardando dal letto, egli distingueva appena la finestra trasparente dalle pareti opache della camera. Ficcava nelle tenebre i suoi occhi da furetto quando la sua attenzione fu attirata da due bagliori rossi e sinistri alla sua sinistra. "Giusto – pensò – sarebbero sospetti se i bagliori fossero sinistri alla mia destra. Ma, a pensarci bene, anche se fossero bagliori destri alla mia destra, ci sarebbe poco di cui fidarsi."
E mentre continuava ad arrovellarsi in tali elucubrazioni, si stropicciò gli occhi e si accorse che si trattava solo delle cifre illuminate di una sveglia digitale.
"Le sette!" esclamò d'improvviso tirandosi su nel letto. Era sempre stato un tipo dinamico il vecchio Silvio Berlusconi. Uno che alle sei del mattino era già al lavoro per mungere le presse. Un presidente operaio. Ma anche adesso che non faceva più l'operaio, il fattore, il cantante e il partigiano, non aveva perso l'abitudine della mungitura.  Fece per alzarsi e scendere giù dal letto, quando ebbe un forte senso di vertigini. Notò che i suoi piedi ciondolavano molto distanti dal pavimento. Un pavimento per niente familiare. Preso il coraggio a due mani, lo intrecciò insieme alle lenzuola per realizzare una fune, con la quale si sarebbe potuto calare giù dal letto (un trucco che aveva imparato negli anni '80, pensando che un giorno gli sarebbe tornato utile).
Sceso in terrà, squadrò per bene la stanza  in cui si trovava e realizzò che quella non era casa sua. Niente lettone di Putin, niente quadri dell'800, niente Jacuzzi dentro al bagno, niente mignotta dentro la Jacuzzi. Panico.
"Sandrobondi! Bonaiuti! Dove siete?" cominciò ad urlare Silvio.
"Non ti può sentire nessuno caro il mio presidente" disse con voce profonda il supporto per la flebo.
Silvio, sbigottito, sgranò gli occhi per guardare meglio nella direzione da cui gli era parso sentire la voce, e vide proprio il supporto per la flebo. E dietro, magrissima, scorse una figura umana.
"Fassino? Sei tu? – chiese allibito – Se è per quella storia delle intercettazioni tra te e Consorte che ascoltai in segreto, molto prima che le avessero i magistrati, ne approfitto per dirti subito che è tutta una balla dei giornali comunisti. Io non le ho mai ascoltate quel 24 dicembre 2005 a casa mia, seduto in poltrona, in compagnia di mio fratello Paolo. Ricordo che sorseggiavo un Chian..."
"Taci, pinocchio! Non sono Fassino" lo interruppe bruscamente il losco figuro.
"Chi siete e che cosa siete?" domandò allora Silvio con la voce stridula di una ragazzina spaventata. E operaia.
"Sono lo Spirito del Natale passato."
"Quello dell'anno scorso? – gli domandò soppesandosi spavaldo i testicoli – L'anno della festona in Sardegna con le ragazzette porcellette e la Noemi?"
"Si."
"E allora cos'è quell'aria smunta? Ci siamo divertiti un casino quella sera! Non sei riuscito a rimediare neanche un culetto? Dovevi spacciarti per sottosegretario. Funziona sempre! Ah... ma forse tu... Non è che a te piacciono i maschi? Su quel versante caschi male alle mie feste. Ma ti posso dare un paio di indirizzi che mi hanno passato alcuni parlamentari."
"Hai finito di sproloquiare come al solito?" tuonò lo spirito.
Silvio, umilmente, disse di non avere avuto alcuna intenzione di offenderlo. Non che avesse mai avuto nulla da ridire sui gay. A patto che gli stessero sempre di fronte e ben in vista, ovviamente. Ribadendo le sue scuse, osò poi domandare allo spirito quale fosse il motivo che lo aveva fatto venire.
"La tua salute!" rispose lo spirito. "Hai forse dimenticato che sei ricoverato in ospedale perché un pazzo ti ha tirato un Duomo di gesso sul muso?"
In quel momento Silvio trasalì. Si portò le mani al volto e toccò le bende che gli coprivano il labbro superiore, il naso e due denti. "E vero! Ero al tesseramento della PDL, stavo stringendo mani e raccogliendo batteri dal mio popolo quando, a un certo punto, ho sentito un botto e ho capito che erano i miei denti. Ora ricordo tutto!"
"Hai rischiato di morire. Lo sai vero?"
"Se mi avesse preso sull'occhio?"
"No. Se ti avesse preso sull'occhio adesso saresti un presidente pirata."
"Sarebbe stato figo!"
"Ad ogni modo, hai rischiato di morire e non per la statuetta."
"No?" fece Silvio incuriosito. "E allora come avrei rischiato di morire?"
"Se fosse stato un vero attentato, avrebbero potuto spararti. O peggio, saresti potuto morire cadendo dal predellino, se la macchina si fosse messa in marcia. Chi è il capo della tua scorta? Pippo della Disney?"
"Veramente sarei io..." tentennò Silvio.
"Ma dico io, c'è una cosa che lasci fare agli altri?"
"Pagare le tasse?" ribatté prontamente lui con un sorrisetto sornione.
"E poi, ma come ti è venuto in mente di uscire dall'auto e mostrare alle telecamere e alla gente il tuo grugno sanguinante?"
"Sul momento mi sembrava un'idea ganza." Poi, avvicinandosi allo spirito gli disse sottovoce "pensaci un attimo: hai visto come ovulano le ragazzine per l'attore di Twilight? In quel momento ho pensato alla prossima cena a Palazzo Grazioli. Con le mie ospiti, eccitate come anguille, mentre gli mostro il filmino dell'attentato dove ho la bocca tutta sporca di sangue come un vampiro... Cazzo, viene duro persino a me!"
"Cristo santo! Sei senza speranza" esclamò  irritato lo spirito.
"No dai, non dire così. Perché tanto odio contro di me?" piagnucolò lui.
"Ero venuto qui per farti redimere” disse. E poi gli spiegò che ciò che alimenta il clima di odio nei suoi confronti non sono altro che i suoi comportamenti, le sue dichiarazioni, i suoi processi, le leggi ad personam, il disprezzo per le istituzioni ma soprattutto il fatto che scopa come un coniglio.
"Non è vero! – ribattè – io mi comporto benissimo. Sono tutte invenzioni dei giornali comunisti, stampati dai magistrati comunisti, che poi li fanno leggere ai dieci giudici su quindici della corte costituzionale comunista, perché cinque membri sono di nomina presidenziale e noi abbiamo avuto, purtroppo, gli ultimi tre presidenti comunisti, che erano invidiosi che io ho le palle, e le mie palle sono comunist..." (si portò le mani alla bocca).
"Cosa?"
"Lascia perdere la parte delle palle."
"Vieni con me" disse allora lo spirito, porgendogli la mano.
"Cos'è, mi vuoi portare in paradiso? Non ci penso neanche. Non sono pronto, ci sono tantissime cose che devo ancora avere."
"Non sono la morte, deficiente. Vedi per caso qualche falce? Indosso un cappuccio? Dammi la mano che voglio solo mostrarti delle cose."
Così, anche se titubante, Silvio tese una mano tremante allo spirito. Questi la prese e d'improvviso Silvio si accorse di non trovarsi più nella stanza dell'ospedale. Si guardò attorno e notò molte cose a lui familiari. Poi, la sua attenzione fu attirata da cinque uomini che si stavano salutando con baci e calorose pacche sulle spalle, parlando in un idioma incomprensibilmente pieno di 'u'.
"Chi sono?" chiese Silvio allo spirito.
"Non li riconosci? Uno è il tuo fido braccio destro: Marcello Dell'Utri."
"Adesso che lo guardo meglio hai ragione. Ma è giovanissimo!"
"Guarda adesso." In quel momento entrò un giovanissimo Silvio, vestito con un maglioncino girocollo, una camicia sotto e un pantalone jeans. Sportivo, con un sorriso fluente e una chioma smagliante, il giovane Silvio cominciò ad intrattenersi amichevolmente con i quattro amici di Marcello Dell'Utri: Stefano Bontate, Tanino Cinà, Nino Grado e Francesco Di Carlo.
Alla vista di quella scena, il vecchio Silvio sbiancò. Si ricordò di quell'incontro avvenuto tanti anni prima a Milano. Si ricordò dei quattro signori siciliani, delle sue richieste di aiuto per una certa minaccia di sequestro, e soprattutto del suo commiato da questi signori. Promise loro di essere a disposizione per qualunque cosa. Gli tornarono in mente anche tutti i magheggi finanziari delle sue prime imprese, i suoi compagni della P2, la nascita illegale del suo impero mediatico, i rapporti con i politici corrotti, la discesa in campo, quella nel letto e la discesa dalla quale aveva fatto rotolare giù il paese negli ultimi 15 anni. A quel punto Silvio sentì salire un brivido lungo la schiena. Non fece molta strada. Poi, buio.

Silvio si svegliò tutto sudato e si accorse di essere nuovamente nel suo letto all'ospedale. Accovacciato ai piedi del letto, dormiva beato il fido Sandrobondi.
"Forse è stato solo un incubo" pensò Silvio. "Sandrobondi sveglia! Sandrobondi!" cominciò a sbraitare. Ma quello niente. Dormiva di sasso.
"Non ti può sentire. Gli ho dato una polpetta avvelenata" disse una voce alle sue spalle.
"Oh mio dio! Di nuovo!" disse Silvio nascondendosi dietro al corpo molliccio del suo ministro alla cultura. "Chi sei, lo spirito del natale presente?"
"No caro Silvio. Tu non sei neanche minimamente paragonabile al vecchio Scrooge del racconto di Dickens. Le speranze che tu ti redima sono pari a quelle che Gasparri risolva un cubo di Rubik, o che Bossi recuperi l'uso dell'altra metà del suo cervello."
"Gianfranco sei tu?"
"Non sono Gianfranco. E neache lui lo è."
A questo punto, Silvio gettò Sandrobondi giù dal letto e poi si tuffò sopra di lui per attutire la caduta. Rimessosi in piedi, si diresse svelto verso la porta ma la maniglia era fuori dal suo limitato spazio aereo. Pensò che doveva trattarsi di un ospedale pubblico costruito coi soldi dei comunisti. Ma non c'era tempo per un discorso ufficiale. La voce era ancora lì e la sentiva sogghignare nell'oscurità.
"E va bene. Cosa vuoi: Soldi? Un appalto? Una legge? Un ministero?" disse con tono autoritario, decidendo di rischiare il tutto per tutto. "Mettiamoci d'accordo".
"Non voglio niente da te, patetica parodia di un dittatore".
"Ma si può sapere chi sei e cosa vuoi allora?"
"Sono lo spirito della Costituzione Italiana. E voglio farti un culo così."
"Non puoi! Io sono stato eletto democraticamente."
"Si vede che non hai letto gli ultimi sondaggi. Danno il mio piede affondato nel tuo culo al 75%. Sei spacciato."
A quelle inquietanti parole, Silvio cominciò ad urlare e a dimenarsi in terra. "Noo, non è possibile!" urlava e si strappava i capelli finti. Lo spirito, divertito, rideva di gusto e la sua risata entrò in risonanza con i gemiti del povero cristo in un lamento grottesco e straziante.
"Solo l'amore salva, solo l'amore salva, solo l'amore salva" ripeteva adesso, accovacciato, ondeggiando freneticamente. "Solo l'amore salva, solo l'amore salva, solo l'amore sal..."
"Silvio! Silvio" disse Bonaiuti scuotendolo con vigore. "Silvio, tutto bene?"
"Oh, ma... Paolo. Sei davvero tu Paolo?" chiese riaprendo gli occhi.
"Silvio, sono io. E' tutto a posto. Devi avere fatto un brutto sogno" disse Bonaiuti stringendolo forte a sé come una mamma farebbe con il proprio idraulico.
"Paolo, meno male che sei tu. Sapessi che brutto sogno che ho fatto" e così cominciò a raccontare tutto al suo portavoce. Dopo averlo ascoltato con attenzione, Banaiuti lo rassicurò "stai tranquillo, si è trattato solo di un brutto sogno. Non esistono gli spiriti della Costituzione, schiocchino."
Sentendo quelle parole, Silvio tirò un grosso respiro di sollievo. Più tardi gli furono portati i giornali e vide con piacere che Bonaiuti aveva ragione. Tutto procedeva per il meglio, anzi, grazie allo spiacevole incidente occorsogli, i suoi erano riusciti a far distogliere l'attenzione da tutte quelle brutte cose che ultimamente gli avevano fatto rischiare di perdere la fiducia della gente.
E mentre faceva colazione con il consueto caffè, cornetto e pompino, Silvio pensò a quanto tutto fosse molto più buono del solito. Merito dell'ex confratello Cicchitto? In effetti, non poteva che ritenersi soddisfatto dei duri attacchi contro Santoro, Travaglio, e Repubblica fatti dal piduista brisè. E anche il pompino non era male.
Da quel giorno, Silvio chiese a Bonaiuti di restare con lui la notte. Con una lampadina accesa. E così facendo con gli spiriti non ebbe più a che fare; ma si rifece con gli italiani. E di lui fu sempre detto che non c'era uomo al mondo che sapesse così bene governare il paese.


...
Tratto da ScaricaBile N/25

1 commento:

ScaricaBile